Mario Albanese nasce a Conegliano nel 1933. Autodidatta, inizia a dipingere giovanissimo all'età di quindici anni. Dopo alcune mostre collettive a Treviso, Padova e Conegliano, conosce un periodo di maturazione tecnica e culturale. Nel 1964 una monografia dedicata alla sua produzione è curata da Salvatore Maugeri. All'epoca della prima mostra personale - ospitata a Vicenza nel 1966 - la pittura di Albanese muove da un realismo - fortemente influenzato dalla lezione di Sironi per il quale non nasconde l'ammirazione - che ha come suo centro d'interesse l'uomo e la figura umana.
Uomo dall'intelligenza aperta, Albanese alterna alla produzione pittorica l'amore per la poesia - (è pubblicata nel 1969 la raccolta di poesia "Stagioni" e nel 1971 la raccolta "Radici e Fronde") - con l'impegno quotidiano di operatore culturale nella Galleria che conduce a Vicenza. All'inizio degli anni Settanta Albanese è portato a inseguire il sogno ?di un naturalismo nel quale le forme umane si integrano in quelle delle natura fino ad assumerne non solo le sembianze ma altresì a divenirne parti integranti."
Sempre più attratto dall'insondabile mistero del volto dell'uomo, a partire dalla stessa epoca l'esplorazione della forma umana si esprime nel ritratto. I volti di Augusto Murer (1977), De Chirico ("Pictor optimus", 1978), Pasolini ("Il poeta assassinato", 1979), Fulvio Tomizza (1985) - insieme a molti altri di artisti ("Ritratto di Tono", 1977), amici, giovani, fanciulle ("Simonetta", 1986) - sono indagati con la rara forza che ha origine dalla fedeltà quasi fotografica trasfigurata dall'intui zione e dalla penetra zione del poeta.
Nel 1973 il Comune di Conegliano gli dedica una mostra antologica. Numerose le personali e le partecipazioni a rassegne nazionali. Da segnalare, tra il 1985 ed il 1986, una serie di quadri (tra i quali il "Suonatore di liuto", 1986 - donato al Museo) che si possono raggruppare come opere ispirate al Giardino di Armida del Tasso. Nello sforzo di stabilire un nuovo rapporto con l'oggetto - ("... non più dominarlo, interrogarlo, trasfigurarlo, - scrive lo stesso Albanese - ma piuttosto restare inerte davanti ad esso... e discorrere con lui di ciò che ha, e non di ciò che potrebbe essere...") - sottomettendosi quasi alla realtà fisica, la pittura di Albanese perviene ad un originale risultato in bilico tra minuzia descrittiva e trasfigurazione simbolica ma "...anche raffinato gioco d'arte e di perizie tecniche tra sottili oscillazioni di Iperrealismo e di Surrealismo".